Giovanna Giuffredi: in Italia il coaching cresce grazie ai clienti privati

By Alessandro Pegoraro Coaching, Interviste Commenti disabilitati su Giovanna Giuffredi: in Italia il coaching cresce grazie ai clienti privati

[dropcap]S[/dropcap]ono appena usciti i dati della ricerca mondiale di Icf (International Coaching Federation) – le precedenti edizioni sono state pubblicate nel 2007 e nel 2012 – sulla professione del coach. Executive Summary ha chiesto a Giovanna Giuffredi, presidente di Icf Italia, di condividere alcune considerazioni sulla professione del coach in Italia.

Buongiorno presidente. Vorremmo commentare con lei l’edizione 2016 della ricerca Icf sulla professione del coach.

«Mi ci ritrovo completamente: emerge il ritratto di una professione molto dinamica in un mercato globalmente in crescita, e soprattutto consapevole del proprio ruolo sociale di “agente del cambiamento”. Di questi tempi non mi sembra poco…»

E in Italia come vanno le cose?

«Direi molto bene: il mercato sta crescendo anche da noi. Se fino a ora la maggioranza dei colleghi, intorno al 65-70%, ha operato nel mondo aziendale, stiamo registrando una crescita interessante dei clienti privati, ovvero coloro che in maniera autonoma chiedono l’aiuto di un coach professionista».

In che ambiti?

«Gli ambiti sono i più diversi: carriera, sport, relazioni interpersonali… Vede, il coaching è una disciplina molto trasversale, basata sulla gestione di processi che si adattano a qualunque situazione e che porta risultati immediatamente tangibili. In questi anni “difficili”, la gente ha incominciato a rendersi conto che farsi aiutare da un coach non era un ammissione di debolezza ma, anzi, poteva rappresentare una svolta sotto tanti punti di vista. A patto che…»

A patto che?

«A patto che il coach sia passato attraverso una formazione seria e possa vantare delle credenziali riconosciute in tutto il mondo. All’Icf Italia, mi scusi per lo spot, ce la mettiamo tutta per diffondere una cultura basata sulle best practice che solo un’organizzazione che ha sede in 138 paesi può raccogliere e diffondere».

In Italia, tutti i Coach sono iscritti all’Icf?

«L’Icf è solo l’associazione dei coach professionisti con più associati ma il problema non è quello. Quello che mi preoccupa è che una parte del mercato è fatta da persone che un bel giorno hanno deciso, così, di indossare il cappello di coach senza avere né la preparazione né l’addestramento che solo le scuole specializzate possono dare. Ecco, quelle persone fanno danno al mercato perché confondono il coaching con la consulenza, il mentoring, la formazione, quando va bene. La ricerca stessa ne da conto come del limite più serio alla crescita del mercato in tutto il mondo».

A chi vuole avvicinarsi al coaching, che consigli darebbe?

«Mi capita di vedere qualcuno che si avvicina al coaching convinto di guadagnare molto con poca fatica. Spreca il suo tempo. Per essere un buon coach bisogna innanzitutto avere la voglia di aiutare gli altri. Il coach è anche un professionista appassionato, curioso di esplorare, una persona umile che ha avuto il coraggio di fare tabula rasa delle proprie convinzioni per imparare a gestire processi non sempre facili ma che, quando sono applicati correttamente, fanno la differenza».

Presidente, torniamo ad Icf Italia? Vuole anticiparci qualche evento dell’autunno?

«Con la squadra del direttivo abbiamo messo in cantiere moltissime attività volte proprie a diffondere una “buona” cultura del coaching. Le segnalo in particolare due eventi importanti. Il primo, Coach Networking Weekend, si svolgerà il 23 e 24 settembre a Firenze. Con i colleghi vogliamo fare il punto sulle best practice e poi ci sarà spazio per un poco di formazione “divertente”. Ad esempio, come migliorare l’elevator pitch, proporsi a un cliente in modo conciso ma efficace. A ottobre, il 21 e 22 a Roma, sarà invece la volta della Coaching Expo dedicata al career coaching e che coinvolgerà oltre 150 professionisti delle risorse umane, 8000 giovani e circa 200 coach Icf».

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