Il coaching viene spesso visto come una pratica riservata al top aziendale per migliorare la produttività e la focalizzazione della prima linea.
Una ricerca realizzata dall’Icf (International Coaching Federation) e dallo Human Capital Institute (Hci), cui dati sono stati appena resi pubblici, dimostra invece come la diffusione, a tutti i livelli aziendali, di una solida cultura del coaching migliori i risultati aziendali in termini di ricavi, di motivazione dei dipendenti e di fluidità dei processi.
Come si fa? La diffusione del coaching in azienda funziona a cerchi concentrici, come il lancio di un sasso nello stagno. Il coach esterno forma i coaching champions interni che, a loro volta, addestrano i manager e i business leader. Ci vuole tempo e costanza, ma sono questi ultimi – manager e business leader – a fare la differenza diffondendo su larga scala gli strumenti del coaching. Non a caso quest’area viene data in crescita rispetto alle altre due nelle aziende più coinvolte.
Cosa impedisce una maggiore diffusione del coaching a tutti i livelli aziendali? Essenzialmente la mancanza di tempo e la focalizzazione aziendale su obiettivi di breve termine, oltre alla difficoltà di trovare un referente aziendale in tema di coaching.
Ma quali sono le competenze del coach più apprezzate nelle aziende? La ricerca documenta come tutte le core competencies codificate dall’Icf siano molto apprezzate, anche se nella classifica svettano “stabilire fiducia e confidenza” e la sistematica applicazione di standard etici elevati.
L’addestramento regolare – a cura dell’area hr ma con programmi che seguono le linee guida dell’Icf – dei manager e dei business leader alla pratica del coaching rimane comunque l’elemento fondamentale per costruire una solida cultura del coaching in azienda, come riporta l’87% delle aziende intervistate.