Il tema dei Millennials – la generazione dei nati tra i primi anni ottanta e il 2000 – sta suscitando un grande dibattito sulle testate economiche. Del resto, per questi giovani, è venuto il momento di iniziare il loro percorso in azienda.

In gennaio The Economist ha dedicato al tema dei giovani uno dei suo rapporti. La conclusione è sconfortante: il nostro non è un mondo per giovani.

E l’azienda?

Su questo tema interviene McKinsey sul suo Quarterly di febbraio. Il titolo Millennials: burden, blessing, or both? (Millenials: un peso, una benedizione o tutte e due le cose?) la dice tutta. La società di consulenza ha intervistato 200 giovani high potential e 60 professional talents che hanno in programma l’assunzione di Millennials.

La tesi di base è molto semplice.

Affrontare il tema dei Millennials come un problema non porta da nessuna parte. In realtà quello che vogliono i Millennials è quello che vogliamo tutti: un ambiente di lavoro che favorisca lo sviluppo dei talenti. In questo senso i Millennials sono una grande opportunità a condizione di seguire alcuni percorsi, indicati da Joanna Barsh, Lauren Brown e Kayvan Kian.

Vediamo quali:

  • Utilizzare intensivamente le people analytics per capire a fondo la popolazione aziendale. P&G utilizza le sue competenze di marketing per aiutare il middle management a gestire meglio le persone.
  • Migliorare la comunicazione interna. La gente è sempre contenta di avere notizie “dai piani alti” ma ai Millennials questo non basta. A loro interessa la possibilità di dire la loro e ricevere, quanto prima, dei feedback in merito. HubSpot conduce una ricerca trimestrale sul sentiment dei suoi impiegati, con i quali condivide non solo le analisi ma anche i risultati grezzi, dove spesso compaiono le cose più interessanti.
  • Sviluppare una cultura della mentorship. In Goretex ogni neo-assunto viene affidato a uno sponsor che ha il compito di aiutarlo a orientarsi nel nuovo contesto aziendale e costruire quel network indispensabile per crescere. Sodexo ha invece scelto la strada dei circoli di mentoring costituiti da tre veterani e un neo-assunto.
  • Accelerare con ogni mezzo la crescita professionale. I giovani vogliono fare carriera e soldi il più in fretta possibile e soffrono le organizzazioni flat che consentono loro pochi scatti in avanti. Barclays ha varato Emerge per offrire ai neo-assunti iniziative extra curriculari all’interno o all’esterno dell’azienda. Synchrony Financial ha abbinato rotazione delle mansioni – che ai giovani piace molto – al mentoring e alla esposizione dei migliori potenziali al Top Management.
  • Applicare seriamente lo smart working. L’equilibrio tra il lavoro e la vita famigliare è di importanza fondamentale per i giovani. Netflix concede congedi parentali senza limiti di durata: chi ne usufruisce sceglie come combinare presenza in ufficio e lavoro da casa.
  • Preparare il middle management all’incontro con le nuove generazioni. È il primo check point per i nuovi assunti. Se adeguatamente preparata, la cosa può rivelarsi un’opportunità di formazione molto efficace e, appunto, non solo per i neo-assunti. Danone ha creato un programma ad hoc per aiutare le diverse generazioni presenti in azienda a capire meglio il punto di vista di ognuno. Prima di affidare uno stagista o un nuovo assunto a un manager, Citygroup lo sottopone a sessioni di coaching dedicate a questo tema.

Applicando queste ricette, sostiene McKinsey, non solo le aziende invoglieranno i giovani talenti a rimanere ma creeranno un contesto lavorativo più proficuo a vantaggio di tutti.

La prospettiva di McKinsey ha il pregio di porre, in modo costruttivo, un tema “difficile”: quello del dialogo fra generazioni.

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